Un viaggio introspettivo
Ci sono titoli che parlano piano, che non cercano di colpire con esplosioni o con trame intricate ma preferiscono sussurrare all’anima.
Spirit of the North 2 appartiene esattamente a questa categoria. Non c’è bisogno di spiegazioni complesse o lunghi dialoghi per essere toccati nel profondo: bastano il suono del vento, la luce filtrata tra gli alberi e il battito di ali in lontananza. In un mondo dove i videogiochi gridano forte per attirare attenzione, la scelta di
Infuse Studio (
che ringraziamo per il codice fornitoci per testare il gioco ndr.) di mantenere un approccio contemplativo, intimo, quasi meditativo, è tanto coraggiosa quanto apprezzabile. Non è un gioco per tutti, questo va detto. Chi cerca azione frenetica o una narrativa lineare con colpi di scena su colpi di scena potrebbe sentirsi spaesato. Ma chi saprà abbracciare il ritmo lento, chi amerà perdersi tra rovine dimenticate e sentieri nascosti, troverà in
Spirit of the North 2 una piccola perla. Un viaggio da affrontare col cuore aperto e con la voglia di lasciarsi stupire. Seguiteci nella nostra
recensione di Spirit of the North 2 per PC.
La trama di Spirit of the North 2
L’inizio di
Spirit of the North 2 è quasi mistico. Siamo accolti da una natura immobile e silenziosa, dove la nostra volpe si risveglia in un luogo chiamato Fox Island. Una terra sospesa tra leggenda e realtà, abitata da echi del passato e permeata da una spiritualità sottile. Presto veniamo a sapere che qualcosa di oscuro si sta risvegliando:
Grimnir, uno sciamano dimenticato dalla storia, torna con il suo potere corrotto, seminando squilibrio e distruzione tra i regni naturali. La
narrazione non è mai diretta, non ci sono lunghi dialoghi o cinematiche invasive. Ogni elemento viene raccontato attraverso simboli, incisioni, scritte antiche che dovremo scoprire ed interpretare. Una scelta stilistica coerente, che ci rende partecipi attivi della ricostruzione del contesto narrativo.
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Il viaggio che intraprendiamo non è solo fisico, ma anche
spirituale. La nostra volpe non è un semplice avatar, ma una sorta di messaggero tra il mondo materiale e quello degli spiriti. Insieme al corvo, la nuova compagna di viaggio, andiamo alla ricerca dei guardiani del mondo naturale: entità animali come l’orso, il cervo, l’aquila, ognuno corrotto e imprigionato in templi costruiti da una civiltà ormai scomparsa. Ogni incontro con questi spiriti è un’occasione per scoprire frammenti del mondo, per comprendere le dinamiche che hanno portato alla rovina e cercare di ripristinare un equilibrio perduto. In questo senso,
Spirit of the North 2 diventa quasi una parabola ecologica, una riflessione su cosa significhi convivere con la natura anziché dominarla. Il linguaggio simbolico della narrativa rafforza questo tema, invitandoci a leggere tra le righe.
Man mano che si avanza, la presenza di
Grimnir si fa sempre più concreta. La corruzione si manifesta in forma fisica: ambienti marci, creature deformate, rovine avvolte da un’aura sinistra. Nonostante la struttura narrativa rimanga volutamente frammentaria, si percepisce un crescendo emotivo ben orchestrato. Il confronto finale, pur evitando il classico scontro “a suon di spade”, riesce ad essere intenso proprio grazie all’impatto emotivo accumulato lungo il cammino. La chiusura della storia non dà tutte le risposte — e alcuni giocatori potrebbero non apprezzare questa scelta — ma lascia spazio alla riflessione, alla suggestione. In questo modo, anche dopo i titoli di coda, ci si ritrova a ripensare alle immagini, ai suoni, ai silenzi incontrati durante l’avventura.
Spirit of the North 2 è localizzato in italiano, anche se la narrazione silenziosa riduce la quantità di testi tradotti (
per la gioia di chi preferisce l’immersione ndr.).
Il gameplay di Spirit of the North 2
Il
gameplay di Spirit of the North 2 si discosta con decisione da quello del primo capitolo, introducendo meccaniche più strutturate e un mondo open world vero e proprio, diviso in sei macro-regioni da esplorare. La prima impressione è quella di essere stati catapultati in un ecosistema organico, dove ogni elemento, dalla roccia al tempio dimenticato, sembra avere una funzione precisa. Non ci sono marcatori a schermo, né missioni classiche: è l’ambiente stesso a suggerire la direzione, attraverso segnali visivi come fasci di luce rossa o strutture particolari. Questa impostazione “guidata ma non guidata” ci ha ricordato da vicino alcune delle intuizioni più riuscite di titoli come
Outer Wilds o
Journey to the Savage Planet. La libertà non è totale, ma ben calibrata: la progressione avviene tramite l’acquisizione di nuove abilità spirituali che permettono di accedere a zone precedentemente irraggiungibili, creando un sistema di backtracking leggero ma gratificante. Questo schema di gioco regala un senso di scoperta genuino, anche se non sempre il design dei percorsi è perfettamente leggibile (
alcune aree possono risultare disorientanti se non si presta attenzione agli indizi visivi ndr.).
Spirit of the North 2 è un titolo che non si fa solo giocare, fa anche riflettere
Un aspetto che ci ha colpiti è la
varietà di enigmi ambientali. Non si tratta semplicemente di “sposta blocchi” o “attiva leve”, ma di veri e propri puzzle che sfruttano le abilità della volpe e del corvo in combinazione. Ad esempio, potremo usare il corvo per attivare interruttori lontani o per raccogliere oggetti che la volpe non può raggiungere, oppure dovremo sincronizzare movimenti e poteri per attraversare passaggi temporizzati. Il level design riesce spesso a integrare questi enigmi nella geografia dei luoghi, evitando l’effetto “stanza del puzzle” che affligge tanti titoli simili. Alcuni momenti, in particolare i confronti con i
Guardiani corrotti, assumono la forma di veri e propri combattimenti simbolici, in cui ogni fase rappresenta una parte della storia di quell’essere. Qui si nota il tentativo degli sviluppatori di fondere gameplay e narrazione, seppur con esiti altalenanti: sebbene alcune sfide siano davvero ispirate, altre risultano un po’ ripetitive o troppo semplici, soprattutto nella seconda metà del gioco.
Il
sistema di progressione rappresenta un’altra novità significativa. Oltre a raccogliere collezionabili, potremo trovare
Rune che potenziano le abilità della volpe e del corvo: scatti più lunghi, salti doppi, teletrasporti a corto raggio e altre variazioni che arricchiscono il gameplay senza snaturarne la natura contemplativa. C’è anche un albero delle abilità, ma resta piuttosto contenuto: si tratta più di una personalizzazione leggera che di una vera build. Un’aggiunta benvenuta, comunque, che spinge all’esplorazione e al completamento delle sfide opzionali. Meno riuscito, invece, il sistema di viaggio rapido: per sbloccare i portali bisogna spesso compiere lunghi tragitti e il caricamento tra zone può risultare un po’ lento, spezzando il ritmo dell’avventura. Anche la gestione dei checkpoint è talvolta frustrante: una caduta mal calcolata o un salto mancato possono costringerci a rifare sezioni intere, con un senso di ripetitività che va in contrasto con la natura rilassante del titolo. Fortunatamente,
il controllo dei personaggi è stato affinato rispetto al primo episodio, ma ci sono ancora margini di miglioramento, soprattutto nella gestione della telecamera e della fisica durante i movimenti più delicati.
L'arte e la tecnica di Spirit of the North 2
Sin dai primi istanti di gioco, è evidente che
Spirit of the North 2 punta forte su un’estetica evocativa e immersiva. La direzione artistica abbraccia una palette cromatica che alterna toni freddi e caldi in funzione degli ambienti e delle emozioni che vuole trasmettere. Le foreste avvolte dalla nebbia, le distese innevate punteggiate da alberi spogli, le rovine di pietra antica e gli scorci infuocati dalla corruzione di Grimnir contribuiscono a creare un mondo vivo, pulsante, anche nei suoi momenti più silenziosi. Ogni area ha un’identità visiva precisa, e nonostante l’approccio open world, il team è riuscito a dare una coerenza stilistica che non appiattisce ma arricchisce. Le animazioni della volpe e del corvo sono fluide, curate, e la possibilità di personalizzare l’aspetto del nostro animale (colore, lucentezza del manto, tratti spirituali) aggiunge un pizzico di espressività in più, senza mai snaturare l’essenza contemplativa dell’esperienza. (
Una delle personalizzazioni ci ha fatto sentire veri spiriti della foresta, ndr.)
Dal punto di vista tecnico, però, non tutto funziona a dovere. Su
PC, e anche su
Steam Deck, abbiamo riscontrato problemi di stuttering, pop-in delle texture e alcuni glitch nelle animazioni. Nulla che rompa completamente l’esperienza, ma abbastanza frequente da richiedere più di un patch post-lancio. Le collisioni, in particolare, soffrono di imprecisioni in zone ricche di vegetazione o su superfici irregolari, generando situazioni frustranti quando si tenta di compiere salti o di posizionarsi correttamente per risolvere un enigma. Anche la gestione della telecamera, pur migliorata rispetto al primo capitolo, risulta ancora un po’ rigida in spazi angusti o durante le fasi più concitate. È chiaro che il motore grafico (
Unreal Engine 5, a giudicare da alcuni effetti di luce volumetrica) è stato spinto con ambizione, ma senza sempre trovare il giusto compromesso tra estetica e prestazioni. Da notare, comunque, che gli sviluppatori hanno già annunciato aggiornamenti mirati alla stabilità e all’ottimizzazione, segno di una community attenta e attivamente ascoltata.
Il comparto audio è invece uno degli aspetti più riusciti del gioco. La colonna sonora, composta da brani orchestrali minimali, riesce a esaltare l’atmosfera senza mai rubare la scena. I momenti di tensione vengono sottolineati da crescendo delicati, mentre l’esplorazione si accompagna a tappeti sonori discreti, con inserti ambientali che cambiano dinamicamente a seconda della zona o dell’ora del giorno. I suoni della natura — dal vento tra le fronde al gracidio del corvo, fino al rumore ovattato della neve calpestata — sono credibili e ben integrati. Certo, ci sono piccoli inciampi: in alcune sequenze abbiamo notato loop sonori che si interrompevano bruscamente o effetti ripetuti in modo un po’ invasivo. Ma nel complesso, il sound design riesce a rafforzare l’immersione e a costruire un mondo che si sente tanto quanto si vede. E per un gioco come questo, dove il silenzio ha spesso più peso delle parole, è un merito tutt’altro che secondario.