8.00

Recensione SILENT HILL f per XBOX Series X

Una delle serie di survival horror più apprezzate di sempre torna con un nuovo episodio: seguiteci nella recensione di SILENT HILL f per XBOX Series X

Una nuova storia di terrore

Il franchise di Silent Hill ha attraversato anni di tormento, tra cancellazioni eccellenti e tentativi fallimentari di riportare in vita una delle saghe horror più amate della storia dei videogiochi. Quando Konami (che ringraziamo per il codice review che ci ha pemesso di recensire il titolo ndr.) ha annunciato Silent Hill f durante uno degli eventi più attesi dagli appassionati, molti hanno storto il naso di fronte all’idea di spostare la serie dal suo iconico scenario americano al Giappone rurale degli anni ‘60. Eppure, proprio questa decisione audace si è rivelata la chiave per dare nuova linfa a un franchise che rischiava di perdersi nelle sue stesse tradizioni. NeoBards Entertainment, studio di Hong Kong relativamente sconosciuto ai più, ha preso in mano l’eredità pesantissima della serie e, con la guida narrativa del visionario Ryukishi07, ha creato qualcosa che riesce a essere contemporaneamente rispettoso della tradizione e coraggiosamente innovativo. Abbiamo passato oltre venti ore immerse nella nebbia di Ebisugaoka sulla nostra Xbox Series X, attraversando più volte gli incubi di Hinako Shimizu per scoprire ogni segreto sepolto in questo villaggio maledetto: seguici nella nostra recensione di Silent Hill f per XBOX Series X.
 

 

La trama di SILENT HILL f

La narrazione di Silent Hill f si costruisce su strati multipli di significato, richiedendo al giocatore un’attenzione costante non solo a ciò che viene mostrato esplicitamente, ma anche ai numerosissimi documenti disseminati per il villaggio e alle annotazioni che Hinako riporta scrupolosamente nel suo diario. La storia prende avvio da quella nebbia improvvisa che trasforma Ebisugaoka in una dimensione onirica e terrificante, ma ben presto diventa chiaro che l’orrore che permea ogni angolo del villaggio non è semplicemente una manifestazione soprannaturale casuale. I fiori rossi che sbocciano ovunque, le creature deformi che vagano per le strade, la stessa nebbia che occulta la realtà: tutto è collegato alla psiche di Hinako e ai traumi che ha accumulato durante la sua giovane esistenza. Ryukishi07 dimostra ancora una volta la sua maestria nel costruire trame intricate che mescolano elementi di folk-horror con un’analisi spietata della società giapponese dell’epoca, creando una narrazione che risulta disturbante proprio perché profondamente radicata in dinamiche umane reali e riconoscibili (la violenza domestica, l’oppressione di genere, il conformismo sociale, ndr.).
    

  
Durante le prime ore di gioco assistiamo a una progressiva rivelazione della vera natura di Ebisugaoka: sotto la superficie di placida comunità rurale si nasconde infatti una rete complessa di segreti, tradizioni oscure legate al culto di Oinari-sama (la divinità delle volpi nella mitologia shintoista, ndr.) e una storia di abusi sistematici perpetrati nel corso di generazioni. Hinako non è semplicemente una vittima casuale intrappolata in un incubo incomprensibile, ma rappresenta l’ultima di una lunga serie di giovani donne che hanno subito violenze fisiche e psicologiche in nome di tradizioni che mascherano il controllo patriarcale come devozione religiosa. Le sue compagne di scuola, in apparenza semplici adolescenti, nascondono ognuna i propri traumi e le proprie ossessioni: Rinko è divorata da una gelosia patologica che la porterà a compiere gesti estremi, mentre il legame tra Hinako e Shu si rivela essere molto più complicato e proibito di quanto sembri inizialmente. La sceneggiatura lavora magistralmente su questi rapporti interpersonali, mostrandoci come la pressione sociale e le aspettative familiari possano deformare i sentimenti più genuini trasformandoli in fonte di sofferenza.
 
Il santuario shintoista in cui Hinako si rifugia rappresenta l’Otherworld di questo capitolo, ma con una differenza sostanziale rispetto ai precedenti giochi della serie. Mentre nei primi Silent Hill la dimensione alternativa si sovrapponeva alla realtà trasformandola in un inferno di metallo e sangue, qui il santuario esiste come uno spazio mentale separato, un limbo spirituale in cui Hinako deve affrontare rituali di purificazione sempre più dolorosi e simbolici. Maschera di Volpe, il misterioso guardiano di questo luogo sacro, accompagna la protagonista attraverso prove che la costringono a confrontarsi con le diverse parti della sua identità frammentata. Questo approccio narrativo ci ha inizialmente lasciati perplessi, ma dopo aver completato il gioco più volte abbiamo compreso come questa separazione netta tra i due mondi serva proprio a sottolineare il contrasto tra la vita ordinaria di Ebisugaoka (con le sue apparenze da mantenere e le sue ipocrisie quotidiane, ndr.) e la dimensione esoterica delle tradizioni che hanno plasmato la comunità nel corso dei secoli. Alcune scene che si svolgono nel santuario raggiungono livelli di disturbo viscerale raramente visti nel medium videoludico, con sequenze che mettono a dura prova anche gli stomaci più forti e che ci sono rimaste impresse nella memoria molto a lungo dopo aver posato il controller. Vogliamo inoltre ricordarvi che Silent Hill f è localizzato in italiano.
 

 

Il gameplay di SILENT HILL f

Silent Hill f mantiene la struttura classica della serie, alternando fasi di esplorazione libera del villaggio di Ebisugaoka a sezioni più lineari all’interno di edifici specifici e del santuario shintoista che funge da Otherworld. Rispetto ai capitoli più datati della saga, NeoBards ha fortunatamente ridotto il fastidioso “effetto porta chiusa” che caratterizzava soprattutto i primi due Silent Hill: non passeremo ore a provare sistematicamente ogni singola porta sperando di trovare quella giusta, perché la progressione è stata resa più fluida e organica. L’esplorazione rimane comunque incentivata dalla presenza di numerosi oggetti collezionabili disseminati per le ambientazioni: documenti che aggiungono dettagli alla lore di Ebisugaoka, kit di riparazione per le armi, medicine per curare Hinako e soprattutto gli Omamori, amuleti tradizionali giapponesi che forniscono bonus passivi come aumento della salute massima o riduzione del consumo di stamina. La mappa del villaggio è sorprendentemente ampia e interconnessa, con vicoli stretti che si aprono su piccole piazze, ponticelli di pietra che attraversano ruscelli, risaie abbandonate avvolte nella nebbia e case tradizionali in legno che possiamo esplorare.
  

Silent Hill f rappresenta molto più di un semplice ritorno per la serie: è una vera e propria

  
Ciò che differenzia maggiormente Silent Hill f dai capitoli precedenti è il fatto che gran parte dell’avventura si svolge effettivamente in spazi esterni piuttosto che all’interno di grandi edifici labirintici. Questo dona al gioco un’atmosfera peculiare: la nebbia che avvolge le strade di Ebisugaoka funziona perfettamente per limitare la visibilità e creare tensione, ma manca quella sensazione claustrofobica che caratterizzava l’esplorazione di luoghi come l’ospedale di Silent Hill 2 (se non l'avete fatto date una letta alla nostra recensione del remake del secondo capitolo) o l’appartamento di Silent Hill 4. Gli edifici che possiamo esplorare (principalmente la scuola frequentata da Hinako, alcune abitazioni private e varie strutture commerciali del villaggio, ndr.) sono ben realizzati e ricchi di dettagli ambientali che raccontano storie attraverso il puro design degli spazi, ma occupano una porzione relativamente limitata dell’esperienza complessiva. L’alternanza tra le esplorazioni nel villaggio nebbioso e le sezioni nel santuario di Oinari-sama funziona narrativamente come già spiegato, ma dal punto di vista puramente ludico crea un ritmo un po’ sincopato che non sempre convince completamente.
  
Il sistema di combattimento di Silent Hill f rappresenta probabilmente l’elemento più divisivo dell’intera produzione. NeoBards ha fatto la scelta coraggiosa di eliminare completamente le armi da fuoco dall’arsenale di Hinako, costringendo la protagonista a difendersi esclusivamente con armi bianche improvvisate: tubi di metallo, mazze di legno, coltelli e persino una naginata tradizionale giapponese che trova durante l’esplorazione. Ogni arma ha una propria barra di durabilità che si consuma con l’uso, e quando questa si esaurisce completamente l’arma si rompe definitivamente costringendoci a cercarne una nuova. Possiamo portare con noi un massimo di tre armi contemporaneamente e ripararle utilizzando appositi kit di manutenzione che troviamo sparsi per il mondo di gioco. Questo sistema di gestione dell’equipaggiamento funziona bene sulla carta e crea effettivamente momenti di tensione quando ci ritroviamo con tutte le armi danneggiate durante uno scontro difficile, ma la sua implementazione pratica lascia parecchio a desiderare.
  
Gli Hokora, piccoli santuari sparsi nei vari livelli, rappresentano i veri punti nevralgici del sistema di progressione di Silent Hill f. Questi non si limitano a fungere da punti di salvataggio, ma permettono anche di sviluppare il personaggio attraverso gli Omamori, talismani tradizionali giapponesi che garantiscono nuove abilità e bonus passivi. Gli stessi Omamori possono essere acquistati utilizzando la “fede”, una risorsa che si ottiene esplorando il mondo di gioco, pregando presso i vari santuari minori e completando determinati obiettivi nascosti. Questo sistema di progressione RPG è piuttosto leggero e non invasivo, concentrandosi su miglioramenti graduali della salute, della resistenza e dell’efficacia in combattimento piuttosto che su trasformazioni radicali delle abilità di Hinako. È un approccio che rispetta l’identità survival horror del gioco senza rinunciare a quel senso di crescita e miglioramento che i giocatori moderni si aspettano.
 

 

L'arte e la tecnica di SILENT HILL f

Dal punto di vista della direzione artistica, Silent Hill f è probabilmente uno dei capitoli visivamente più distintivi dell’intera saga. L’ambientazione nel Giappone rurale degli anni ‘60 permette agli sviluppatori di Hong Kong di creare un’estetica completamente diversa rispetto alla cittadina americana che abbiamo visto nei capitoli precedenti, mantenendo però intatta quella sensazione di isolamento e decadenza che ha sempre caratterizzato Silent Hill. Il villaggio di Ebisugaoka è ricreato con un’attenzione maniacale ai dettagli: le case tradizionali in legno con le loro tettoie in tegole scure, i piccoli negozi che vendono dolciumi e oggetti quotidiani, le lanterne di pietra che costeggiano i sentieri, i torii che segnano l’ingresso ad aree sacre, le risaie terrazzate che si arrampicano sui fianchi delle montagne circostanti. Ogni elemento visivo contribuisce a creare un senso di autenticità che rende Ebisugaoka un luogo credibile e vissuto, nonostante sia costantemente avvolto da quella nebbia soprannaturale che tutto corrompe.
  
Dal punto di vista tecnico, Silent Hill f su Xbox Series X rappresenta una delle migliori implementazioni di Unreal Engine 5 che abbiamo avuto modo di testare finora. Il gioco sfrutta appieno le potenzialità della console Microsoft, offrendo due modalità grafiche ben bilanciate: la modalità Qualità che punta sul massimo dettaglio visivo mantenendo una risoluzione più alta ma limitando il frame rate a 30 FPS, e la modalità Prestazioni che raggiunge i 60 FPS con un compromesso visivo generalmente impercettibile durante il normale svolgimento del gioco. Durante la nostra prova estesa abbiamo optato principalmente per la modalità Prestazioni, e dobbiamo dire che le differenze rispetto alla modalità Qualità sono davvero minime: la fluidità aggiuntiva dei 60 FPS rende l’esperienza di gioco notevolmente più piacevole, soprattutto durante i combattimenti e nelle sequenze più concitate.
 
Il comparto sonoro di Silent Hill f rappresenta uno degli aspetti più discussi e controversi dell’intera produzione, ma su Xbox Series X riesce a esprimere tutto il suo potenziale grazie al supporto per l’audio spaziale e Dolby Atmos. La colonna sonora è stata affidata ai veterani Akira Yamaoka e Kensuke Inage, entrambi profondamente legati alla serie avendo lavorato su diversi capitoli passati. Le aspettative erano ovviamente altissime considerando il contributo fondamentale che Yamaoka in particolare ha dato nel definire l’identità sonora di Silent Hill, creando alcune delle tracce più iconiche e inquietanti della storia dei videogiochi. In Silent Hill f i due compositori hanno creato una colonna sonora che abbandona parzialmente le sonorità industrial e noise che caratterizzavano i primi capitoli per abbracciare melodie più tradizionalmente orientali, con canti rituali, nenie ipnotiche e strumenti tradizionali giapponesi che creano un’atmosfera sospesa tra il sacrale e il perturbante.
 

 

SILENT HILL f

Arrivati alla fine del nostro viaggio attraverso la nebbia di Ebisugaoka, possiamo affermare con certezza che Silent Hill f rappresenta molto più di un semplice ritorno per la serie: è una vera e propria rinascita che dimostra come anche i franchise più iconici possano essere reinterpretati con successo quando nelle mani di creativi che ne comprendono davvero l’essenza. Ryukishi07 ha scritto una delle storie più mature e coraggiose mai viste in un survival horror, affrontando temi devastanti come la violenza di genere, l’oppressione patriarcale e l’abuso domestico con una brutalità che non cerca mai il sensazionalismo ma che colpisce duramente proprio perché radicata in dinamiche umane reali e riconoscibili. Hinako Shimizu non è semplicemente una protagonista ben scritta, ma diventa il veicolo attraverso cui esploriamo le contraddizioni più oscure della società giapponese dell’epoca Showa, rendendo il suo viaggio personale una metafora potente della lotta per l’autodeterminazione.

8.00

Trama 8.50

Gameplay 7.00

Arte e tecnica 8.50

Pro:

storia profonda e senza compromessi

ambientazione unica e ben realizzata

Contro:

sistema di combattimento mediocre

sezioni del santuario frustranti

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