8.00

Recensione Platypus Reclayed per PC

Pronti a fare fuoco e fiamme in un mondo di plastilina? Seguiteci nella recensione di Platypus Reclayed per PC

Tra spari e plastilina

La rinascita di Platypus con Platypus Reclayed ha il sapore delle sale giochi di un tempo, tra reattività essenziale e una messa in scena artistica che non punta al realismo ma alla personalità nuda e cruda, esattamente nella scia dei grandi classici side-scrolling come Gradius o R-Type, ma con quel twist di identità artigianale che pochi prodotti possono vantare nel 2025. Il team ha colto l’occasione del remake per stabilizzare una formula improntata alla leggibilità, perimetrare con cura i picchi di difficoltà e inserire scelte intelligenti come la selezione tra 1080p e 4K, il controllo via mouse in stile originale e l’immediata disponibilità della co-op locale, così da espandere le possibilità di fruizione senza snaturare l’anima arcade . L’impianto resta volutamente snello: quattro macro-locations suddivise in cinque livelli ciascuna con boss finale, una struttura che parla un linguaggio classico e che invita a sessioni brevi, intense e reiterate, confidando in una loop economy fondata su punteggio, moltiplicatori, vite extra e power-up a tempo che ribadiscono il valore di riflessi, memorizzazione e gestione del rischio; seguici nella nostra recensione di Platypus Reclayed per PC (giocato su Steam Deck).
 

 

La trama di Platypus Reclayed

Platypus Reclayed abbraccia l’archetipo narrativo dei coin-op, presentando un contesto essenziale che funge da cornice all’azione: l’iconica battaglia aerea contro flotte variopinte e mezzi corazzati di Colossatropolis è il canovaccio con cui il gioco giustifica esteticamente la sua caleidoscopica fauna meccanica. L’assenza di una narrazione dialogica o di cutscene invasive non rappresenta un limite nell’orizzonte del genere, bensì una precisa scelta di design che favorisce il flusso continuo di gioco, lasciando all’immaginazione del giocatore il compito di intrecciare i frammenti di worldbuilding suggeriti dall’arte in plastilina e dalla tipizzazione dei nemici . In questo formato, l’identità di Platypus Reclayed non si definisce attraverso twist o colpi di scena, bensì con il ritmo e la tonalità visiva: colori saturi, silhouette leggibili e un bestiario aeroterrestre che comunica con immediatezza un mondo assurdo, parodico e al contempo coeso nel proprio nonsense.
    

  
Sebbene la letteratura del brand non sia corposa, la regia implicita dei livelli organizza micro-storie d’azione: pattern che sembrano parate militari claymation, convogli che si sfaldano come cartapesta, boss che entrano in scena come attori di un teatrino di plastilina, esaltando il gusto per la messinscena artigianale. Il riferimento all’originale del 2002 è caldo e consapevole: non un mero citazionismo, ma un recupero dell’intenzione espressiva di Anthony Flack, qui coagulata in un restauro stilistico che sostituisce la nostalgia sterile con la fisicità tattile del materiale, quasi a voler ricordare che ogni nemico è stato letteralmente modellato a mano.
    
Chi cerca una sceneggiatura articolata non troverà qui linee di dialogo o lore testuale, ma può scoprire una certa ironia emergente dai dettagli: l’assalto con salsicce a zig-zag, la frutta come meccanica di punteggio, le facce buffe dei mezzi nemici sbeffeggiati dal fuoco plastilinico, tutti segnali di un mondo che parla per immagini e ritmo . Il racconto, quindi, è tutto azione e semiosi visiva: non spiega, mostra, e in questo fa centro nell’estetica arcade, valorizzando l’interpretazione del giocatore e la sua memoria muscolare come mezzi di comprensione dello spazio e del tempo interni al gioco. A emergere è una coerenza tonale che si fa firma d’autore: l’eroismo quieto del caccia claymation non è tanto un personaggio quanto un pennello che dipinge traiettorie, pattern e buchi d’aria, raccontando il conflitto una bomba alla volta; localizzazione italiana non indicata.
 

 

Il gameplay di Platypus Reclayed

Il cuore di Platypus Reclayed è la ciclicità del punteggio e la schivata puntiforme su schermo denso, con tre difficoltà selezionabili e un bilanciamento che, secondo diverse testimonianze, chiede inizialmente un abbassamento a Easy per apprendere pattern e tempi prima di risalire la china. La struttura in quattro aree con cinque livelli e boss finale per ciascuna crea una mappa mentale leggibile, mentre i checkpoint tra macro-aree snelliscono le ripartenze evitando frustrazioni prolungate e invitando alla reiterazione rapida del loop. L’input minimale (si spara e si guida ndr.) non toglie profondità al ritmo, che nasce dall’intreccio tra corridoi di proiettili, traiettorie nemiche irregolari e l’opportunismo nella raccolta di power-up a tempo, cruciali per sopravvivere oltre cinque minuti nelle fasi più congestionate.
    

Platypus Reclayed centra l’obiettivo che un remake arcade dovrebbe porsi

  
Il sistema di navi selezionabili all’avvio di ogni run introduce tre profili di rischio-rendimento: bilanciata, orientata alla difesa con attacco più debole, e aggressiva con difesa ridotta, un trittico che incide sull’elasticità strategica senza complicare l’accesso. La gestione dei potenziamenti pesca da due tradizioni: drop a tempo limitato da nemici colorati e una miscela che strizza l’occhio tanto al token banking alla Gradius quanto all’assegnazione per tipologia alla R-Type, producendo una via di mezzo che alcuni appassionati giudicano meno elegante del modello purista ma funzionale al ritmo arcade. Questa scelta si sposa bene con l’identità bizzarra dell’arsenale, dove la potenza di fuoco non è solo una curva numerica ma un’espressione caratteriale, capace di trasformare l’inerzia del combattimento in piccoli sketch di slapstick sky combat.
  
L’economia dello score introduce una metrica a riempimento con moltiplicatori, monete e frutta, che alla soglia assegna vite extra, elemento essenziale per reggere la pressione delle sezioni a massima densità. Il focus sul punteggio rende Platypus Reclayed congeniale tanto alle partite “dei cinque minuti” quanto al chasing prolungato, perché procede per iterazioni a micro-obiettivi, con un’immediata retroalimentazione tra abilità, rischio e ricompensa. La co-op locale amplifica questa dinamica: due caccia sullo schermo non soltanto dimezzano la vulnerabilità ma alzano la posta in termini di controllo dello spazio, permettendo strategie di copertura e concentrazione del fuoco che danno al titolo una seconda vita casalinga.
 

 

L'arte e la tecnica di Platypus Reclayed

La direzione artistica è il punto di rottura e identità del progetto: modelli realizzati in plastilina, fotografati in altissima definizione e ripuliti per l’integrazione digitale compongono un mondo palpabile, vibrante, unico, che non imita il reale ma lo riplasma in chiave giocattolosa e onirica. Ogni elemento, dal caccia all’ultimo detrito, comunica la traccia della mano, imprimendo in ogni fotogramma una tessitura materiale che rende riconoscibile il gioco in mezzo a qualunque feed o catalogo. L’impatto a schermo è netto: silhouette nitide, palette sature ma armoniche, animazioni con sbeccature visibili mentre i nemici perdono pezzi come statuette graffiate, in un’estetica che non si limita a “mostrare” il clay ma lo fa vivere in combattimento.
  
Sul fronte tecnico, la riprogrammazione da zero e la modernizzazione dell’hardware si traducono in un’azione scorrevole che valorizza il dettaglio dei modelli e la leggibilità del proiettile rispetto allo sfondo. Le prestazioni riportate sono fluide e costanti, anche nelle fasi ad alta densità, con la fisicità delle animazioni che non si traduce in rallentamenti, segno di una pipeline di asset e un renderer ben ottimizzati. Sul versante I/O, il supporto completo a controller e mouse risponde tanto alla tradizione dell’originale quanto alle abitudini contemporanee su PC, e la co-op locale si innesta senza frizioni nell’architettura del gameplay.
    
L’audio accompagna con tracce energiche dal sapore arcade, “rocking” nelle parole di più recensioni, funzionando da accelerante alla concentrazione e al flow della schivata. Il sound design resta funzionale e leggibile: colpi, impatti, pick-up e feedback dei boss sono riconoscibili e contribuiscono a scandire il ritmo in assenza di tutorial verbosi o indicatori invadenti. La coerenza timbrica tra musiche e FX rafforza la personalità del pacchetto, evitando sbavature grottesche che una palette visiva così “giocattolosa” avrebbe potuto indurre se accoppiata a una colonna sonora incongrua.
 

 

Platypus Reclayed

Platypus Reclayed centra l’obiettivo che un remake arcade dovrebbe porsi: rifinire senza perdere identità, aggiornare senza anestetizzare, rendere contemporaneo un gesto di gioco antico, e farlo brillare grazie a una direzione artistica irripetibile nel panorama odierno. Il prezzo d’ingresso di questa operazione è accettare il vocabolario del genere, con i suoi limiti strutturali in termini di complessità narrativa e meccaniche volutamente essenziali, ma la contropartita è un’esperienza dal “tocco umano” che in tempi di asset sintetici suona come un manifesto. In co-op si esprime la vocazione sociale del prodotto, mentre in solo trova cittadinanza tanto nelle sedute mordi-e-fuggi quanto nella maratona da score chaser; resta il desiderio, per un ipotetico seguito, di un sistema di power-up più leggibile e strategico, e di un set opzioni ancora più ricco nelle personalizzazioni della difficoltà.

8.00

Trama 6.50

Gameplay 8.50

Arte e tecnica 8.00

Pro:

identità visiva in claymation unica e riconoscibil

gameplay immediato

Contro:

narrazione quasi assente

difficoltà da bilanciare

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La demo di Platypus Reclayed sarà disponibile fino al lancio

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La demo sarà giocabile fino al 18 settembre

Annunciata la data di lancio di Platypus Reclayed

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Platypus torna dopo 23 anni!

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