Ferisce più la carta che la spada
Ogni tanto, nel panorama videoludico contemporaneo, emerge un titolo capace di ricordarci perché amiamo i videogiochi.
Hirogami è uno di questi: un’opera che fonde arte e interattività, un viaggio contemplativo nelle pieghe di un mondo di carta dove l’estetica dell’origami diventa linguaggio narrativo e meccanica ludica. In un’epoca dominata da produzioni sempre più simili tra loro, il progetto della giapponese
Kakehashi Games riesce a distinguersi per la sua identità visiva e filosofica: delicato, profondo e sorprendentemente moderno. È un titolo che invita a rallentare, a osservare e a riflettere, più che a correre e combattere. Una produzione che ha l’ambizione di trasformare un antico gesto, quello di piegare la carta, in pura emozione videoludica. Seguiteci nella nostra
recensione di Hirogami per PC (giocato su Steam Deck), dove scopriremo come un semplice foglio può dare vita a uno dei platform più poetici dell’anno.
La trama di Hirogami
Il mondo di
Shishiki è una fragile meraviglia fatta interamente di carta. Ogni montagna, ogni albero, ogni creatura nasce da pieghe antiche che si tramandano da generazioni, fino all’arrivo del
Flagello, un’oscura corruzione digitale che erode lentamente la purezza di questo universo. Noi vestiamo i panni di
Hiro, un giovane maestro della piega, dotato di un ventaglio mistico capace di controllare il vento e trasformare la sua forma in diversi animali di carta. Il suo scopo è semplice ma potente: purificare il mondo e riportare armonia là dove la contaminazione ha lasciato cicatrici. La struttura narrativa abbraccia i toni della favola, intrecciando poesia e malinconia in un viaggio che alterna introspezione e speranza, privo di colpi di scena devastanti ma costellato di piccoli momenti di grazia che si imprimono nella memoria. Il gioco è completamente localizzato in italiano, permettendo di apprezzare pienamente la sua atmosfera evocativa.
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Man mano che
Hiro avanza nei territori corrotti dal
Flagello, il tono cambia gradualmente. Da luoghi ricchi di colori vividi e delicate strutture di carta si passa a distese spoglie e accartocciate, dove l’equilibrio naturale si è spezzato. Incontriamo villaggi distrutti e animali piegati dalla corruzione, e anche senza lunghe linee di dialogo o cinematiche invadenti, la malinconia del mondo emerge potente. È un racconto che parla di perdita, ma anche di resilienza: la carta, pur fragile, sa resistere e rinascere una volta riordinata. Questa metafora permea l’intero arco narrativo, offrendo un messaggio elegante e universale: la bellezza può piegarsi, ma non spezzarsi completamente.
Pur non raggiungendo vette narrative memorabili, la
trama di Hirogami riesce a comunicare emozioni genuine attraverso il suo world-building.
C’è, però, da sottolineare che la componente narrativa è il punto più debole della produzione. Gli eventi, per quanto ben contestualizzati, mancano di una direzione emotiva forte e i personaggi di contorno non riescono a imprimersi nella memoria. Manca quella scintilla narrativa capace di elevare la storia a un livello superiore, quella connessione empatica che fa sì che il viaggio di Hiro diventi anche il nostro. Le motivazioni del protagonista vengono tratteggiate più con la simbologia che con le parole, lasciando ampi spazi alla libera interpretazione del giocatore. Sarebbe bastato poco per rendere la trama più incisiva, ma resta comunque una cornice poetica e funzionale, capace di accompagnare degnamente l’esperienza senza mai risultare invadente.
Hirogami, lo ricordiamo, è localizzato in italiano, con testi localizzati di buona qualità e doppiaggio in lingua originale .
Il gameplay di Hirogami
Hirogami si presenta come un
platform 3D a metà strada tra action e puzzle game. Il suo cuore pulsante risiede nella capacità di Hiro di trasformarsi, durante l’avventura, in diverse forme animali di origami, ognuna dotata di abilità uniche che ne espandono le possibilità d’interazione con l’ambiente. L’armadillo consente di rotolare tra nemici e ostacoli, la rana permette di raggiungere piattaforme elevate e zone inaccessibili, mentre la forma del gorilla conferisce potenza bruta, utile a sgombrare passaggi e fronteggiare nemici più coriacei. Questa meccanica, apparentemente semplice, è in realtà la chiave che regola il ritmo dell’avventura e dona varietà a ogni livello. Ogni
trasformazione rappresenta un modo diverso di interpretare il mondo, un linguaggio ludico che spinge il giocatore a sperimentare, proprio come un artista che piega la carta alla ricerca della forma perfetta.
Hirogami è una di quelle rare esperienze in grado di unire gioco e arte in modo sincero e non pretenzioso.
La progressione di Hirogami è strutturata in aree separate, ognuna dedicata a una sfida specifica o a un tema visivo distinto. I livelli combinano sezioni di piattaforme, segmenti d’esplorazione e piccoli enigmi ambientali che richiedono l’uso intelligente delle forme. Si passa da puzzle basati sulla fisica, come deviazioni di flussi d’aria per trasportare il protagonista, fino a fasi temporizzate dove la rapidità nella trasformazione è decisiva. Questo equilibrio tra riflessione e destrezza rende il gameplay appagante senza mai sfociare nella frustrazione. La
difficoltà è calibrata con cura: accessibile per i neofiti, ma capace di offrire stimoli anche ai giocatori più esperti tramite sfide aggiuntive, obiettivi secondari e tempi da battere. L’assenza di vite infinite non penalizza, anzi stimola l’attenzione e la precisione, premiando chi osserva e ragiona prima di agire.
Nonostante l’ispirazione brillante,
Hirogami non è immune da piccole imperfezioni. Il
sistema di combattimento, pur funzionale, tende col tempo a ripetersi, complice una varietà di nemici non eccezionale. Le transizioni tra le forme, benché fluide, a volte sembrano leggermente macchinose in momenti di grande azione, spezzando il ritmo. Tuttavia, la sensazione generale resta piacevole: ogni trasformazione è un piccolo trionfo visivo e meccanico, ogni interazione restituisce una percezione di equilibrio tra creatività e tecnica. Il ventaglio di carta di Hiro, che funge allo stesso tempo da arma e strumento, contribuisce ad accrescere l’originalità dell’esperienza. Non siamo di fronte a un action dalla frenesia forsennata, ma a un titolo che predilige la grazia al caos, premiando la padronanza del tempismo. La sensazione finale è quella di aver partecipato a una danza di carta accuratamente coreografata.
L'arte e la tecnica di Hirogami
Se la narrazione accarezza la mente e il gameplay stimola la curiosità,
l’aspetto artistico di Hirogami conquista il cuore. La direzione artistica è semplicemente straordinaria: ogni elemento visivo, dal design dei personaggi alle ambientazioni, trasmette un amore viscerale per l’arte dell’origami. Ogni foglio sembra respirare vita propria, ogni piega riflette la luce in modo diverso, creando un mondo di carta sorprendentemente tangibile. L’uso dei colori è poetico: tonalità pastello che sfumano in contrasti più audaci quando la corruzione del Flagello si manifesta. Inoltre, l’effetto di stop-motion applicato ai movimenti dei personaggi aggiunge una qualità artigianale e un senso di autenticità che pochi titoli riescono a eguagliare. L’universo di Hirogami, con le sue foreste di funghi luminescenti e le vallate scolpite nel celestiale, è un piccolo capolavoro estetico che riesce a fondere l’essenza dell’oriente con la modernità dell’engine 3D.
Sul
piano tecnico, Hirogami dimostra un’ottima ottimizzazione su
PC. Le prestazioni sono solide anche su configurazioni medie, e i caricamenti risultano rapidi grazie a un’architettura intelligente. Il frame rate rimane stabile, con rare incertezze solo in alcune sezioni particolarmente dense di particelle o durante le trasformazioni multiple. Le texture in “fibra di carta” sono nettamente definite, e la fisica, pur semplificata, risulta coerente con lo stile del gioco. Le animazioni di piegatura sono precise e realistiche, regalando un senso di soddisfazione tangibile ogni volta che Hiro muta forma. L’unico limite risiede forse nella ripetitività di alcune ambientazioni secondarie, che perdono un po’ della magia iniziale col procedere dell’avventura. Ma anche nei momenti meno ispirati, l’impatto visivo rimane di alto livello e trasmette una cura autentica per il dettaglio.
Infine, il
comparto sonoro chiude un cerchio di rara armonia. La colonna sonora di Hirogami si muove tra melodie meditative e passaggi più dinamici, intrecciando strumenti tradizionali giapponesi come lo shamisen, il koto e il tamburo taiko con sonorità più eteree e sintetiche. Il risultato è un tappeto musicale che accompagna perfettamente il ritmo del gioco e amplifica le emozioni senza sovrastarle. Anche gli effetti sonori sono curatissimi: il fruscio delle pieghe di carta, il rumore lieve del vento generato dal ventaglio, il suono delicato dei passi di Hiro sulle superfici di carta contribuiscono a creare un ambiente coerente e immersivo. L’audio, molto più che un contorno, è qui un’estensione naturale dell’esperienza sensoriale complessiva, trasformando l’avventura in una sinfonia interattiva di suoni e colori.