Si torna negli anni '50
Siamo nel 1959: rock’n’roll, polka dot e un’oscura minaccia atomica all’orizzonte. In
Deliver At All Costs vestiamo i panni di Winston Green, fattorino insolito in un’epoca in cui le città americane sembrano uscite dagli anni d’oro. Ci è venuto subito in mente
Crazy Taxi e la vena distruttiva dei primi
GTA: l’obiettivo? Consegnare pacchi e creare caos, in un mix di fisica scatenata e missioni sempre fuori binario.
Da subito, il gioco punta sull’utente che ama spaccare tutto in un mondo semiarretrato, tra camion da demolizione, bombe ambulanti e statue improbabili nel portapacchi . Questa direzione è stata accolta con entusiasmo da chi ama il caos veicolare e l’action comica spericolata.
Vi va di scoprire insieme chi è veramente Winston e perché, tra distruzione e misteri sovrannaturali,
Deliver At All Costs può essere un’esperienza fuori dagli schemi? Seguici nella nostra
recensione di Deliver At All Costs per PC.
La trama di Deliver At All Costs
All’inizio,
Winston è un ex-ingegnere dell’AEC finito alle strette, che accetta un lavoro nella compagnia We Deliver. Le premesse narrano di debiti, visioni inquietanti (una volpe rossa appare in sogno) e un passato oscuro: ingredienti perfetti per un mistero che cattura subito l’attenzione.
L’incipit è intrigante, con Winston che affronta consegne improbabili, tra palloncini esplosivi e statue improbabili, mentre inizia a sospettare che qualcuno lo stia spiando. L’atmosfera di paranoia funziona, accompagnata da una sospesa tensione narrativa.
Peccato che, col proseguire, la narrazione perda slancio: i colpi di scena si affollano senza legami solidi, e la storia stesso finisce per richiamare cliché sci-fi inverosimili e poco memorabili.
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Il secondo atto spinge Winston a spostarsi su nuove isole,
Shellington Falls, New Reed, mentre il peso del suo passato da scienziato nucleare torna a galla. Tra intrighi aziendali e inseguimenti dell’agente dell’AEC, la storia alterna momenti di tensione a un registro troppo esagerato.
Quando sembra che tutto sia sotto controllo, la trama vira verso sci-fi a sorpresa: portali, sfere aliene e viaggi nel tempo. Scelte audaci, certo, ma l’esecuzione rischia di stridere col tono volutamente smaccato del gioco .
Non mancano le sequenze drammatiche, come la morte di un familiare di Winston, e momenti che avrebbero potuto emozionare, se solo fossero stati gestiti con maggiore coerenza. Purtroppo il passaggio tra bizzarro e tragico risulta troppo brusco.
Nel finale, la vicenda sfocia in un confronto diretto tra Winston e Donovan, col recupero del misterioso artefatto alieno e la fuga in un futuro distopico. Però, la risoluzione rimane affrettata: tra viaggi temporali e tribunali, mancano focalizzazione e impatto emotivo.
L’epilogo lascia sullo schermo una sequenza ad alto potenziale (
Winston e Donovan scomparsi insieme alla cupola aliena ndr.) ma con poca soddisfazione narrativa. Manca quell’ultima molla emotiva che trasforma una storia da
B-movie in qualcosa di memorabile.
In conclusione, la trama parte con buone premesse e mistero, poi si perde nel surrealismo incoerente: funziona a tratti, ma manca di quel filo conduttore solido che renda il viaggio davvero appagante.
Il gameplay di Deliver At All Costs
Il
gameplay è il cuore pulsante di
Deliver At All Costs: un mix di guida isometrica, distruzione arteriosa e missioni sempre diverse.
Winchester alla guida del furgone We Deliver si trasforma in una forza incontrollabile: demolizione urbana garantita con ogni cosa si muova.
Le consegne prevedono fisica sopra le righe: scatole di meloni che cadono, palloncini giganti che sollevano il camion, demolizioni creative. È questa varietà che regala i momenti migliori, soprattutto all’inizio.
Il problema è che, col tempo, la formula si ripete troppo: distruggi, consegna, ripeti. Nonostante le missioni “diverse”, la mancanza di uno sviluppo sistemico (ricompense, evoluzioni, obiettivi profondi) rende tutto fine a se stesso.
Deliver At All Costs mixa meccaniche e generi diversi in un unico contesto
Uno dei migliori momenti è una corsa ad alta tensione per rubare il pacco a un altro furgone, con risse e demolizioni da
Crazy Taxi 2. Quelle missioni brillano davvero quando l’adrenalina, il tempo e la competizione si combinano bene.
Purtroppo, accanto a questi picchi, ci sono missioni lente o noiose: bilanciare palloncini, trattenere meloni o consegne minimaliste a ritmo “passeggiata”. Queste pause riducono la frenesia iniziale in un gameplay a gradoni .
La progressione risente dell’assenza di incentivi: distruggere edifici non dà punti, non ci sono classifiche, né ricompense. Anche i gadget per il furgone, pur divertenti, non sono mai vitali. Il tutto lascia la sensazione di un loop senza un vero scopo.
Dal punto di vista tecnico, il camion è praticamente invincibile: si raddrizza da solo, si ripara con un tasto, e riprende in vita dopo capottamenti. È divertente, fino a che non diventa poco impegnativo.
Nota positiva: sistema polizia e inseguitori: rumori sirene, nascondigli improvvisati in bidoni; ma tutto questo è meccanico e scontato, non va mai oltre Ken e Barbie, concessioni di design buone ma non memorabili.
In definitiva, l’idea di base è brillante, ma ha bisogno di struttura: manca il peso del rischio, la spinta alla performance, l’impegno nelle migliorie. Sarebbe stato ideale aggiungere modalità sfida, punteggi, upgrade reali… e invece la frenesia non si regge su motivazioni concrete.
L'arte e la tecnica di Deliver At All Costs
L’
ambientazione anni ’50 è uno dei punti di forza: colori pastello, insegne vintage, scenografie curate e un senso di epoca che avvolge l’esperienza. L’isola di St Monique e le altre due ambientazioni convincono .
Gli easter egg e i dettagli, frecce sulla strada integrate, radio anni ’50, manifesti pubblicitari, dimostrano una cura artigianale da indie con ambizioni maggiori .
Il contrasto tra l’estetica “bon ton” e la devastazione meccanica funziona molto bene: ci si sente quasi in un cartone demenziale, in cui distruggere diventa quasi poetico, proprio nel contesto designato.
Il motore
Unity regge bene: le ambientazioni sono distruttibili al massimo (interni e facciate cedono con stile) e il furgone reagisce ai colpi con una fisica credibile.
Su
PC le performance sono solide a 1440p@60, con requisiti equilibrati. Su Steam Deck, il gioco gira a 30–45 fps, stabile e godibile, con qualche imprecisione nei momenti più concitati.
Qualche lacuna: animazioni facciali rigide negli NPC, camera fissa limitante, controlli che diventano meno reattivi nelle fasi concitate. Ma nulla che rovini l’esperienza complessiva.
Il comparto sonoro completa bene l’ambientazione: colonne estremamente ’50, stazioni radio, effetti vintage, voci scandite; tutto evoca l’epoca con grazia. Voce narrante e dialoghi, spesso sopra le righe, soffrono per scrittura altalenante e poco coinvolgente; peccato, perché la recitazione da spettacolo radiofonico poteva premiare di più. Il sound design è efficace: collassamenti, motori tossici, urla stridule; comunica le sensazioni giuste quando la città crolla intorno. Il ritmo sonoro spinge l’azione, anche se manca un leitmotiv memorabile.